Giovani volontari distribuiscono cibo durante la quarantena

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Diritti civili
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Il coronavirus ci ha chiusi in casa e mentre sui social si scatena la polemica nei confronti dei runner, considerati moderni untori di manzoniana memoria, in tante case popolari ci sono famiglie alle prese con problemi ben più seri.

Famiglie spesso numerose costrette in pochi metri quadrati senza terrazze, balconi o ampi salotti da cui trasmettere sessioni casalinghe di yoga, tante e tanti giovani che faticano a seguire le lezioni on line che i loro insegnanti si affannano a realizzare, con pochi dispositivi e poco traffico dati a disposizione. Restare a casa non è la stessa cosa per tutti, ce lo ha raccontato molto bene Max, che non ha una casa in cui rifugiarsi.

E’ in questa cornice che si sono attivati gruppi di volontari per riattivare il sistema di distribuzione di pacchi alimentari alle famiglie più in difficoltà: sono 20.000 le famiglie nella metropoli che hanno bisogno di questo aiuto. Tra loro anche colf, badanti, partite Iva, persone in cassa integrazione.

Abbiamo sentito Eugenio, della falegnameria popolare Gallab, Saverio, giovane volontario baggese oltre che DJ della radio e Erica che coordina le attività del progetto QuBì nel quartiere Gallaratese.

Tutta l’operazione è resa possibile da Comune di Milano, Banco Alimentare e Caritas ambrosiana con l’aiuto di Fondazione Cariplo, Programma QuBì – La ricetta contro la povertà infantile, Coop Lombardia, Milano Ristorazione e Amat.

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